«Poche informazioni sui diritti e disaffezione per la politica». Così il garante dei detenuti della Campania, Samuele Ciambriello, commenta i dati sull’affluenza al voto all’interno delle carceri. I detenuti che hanno esercitato il diritto di voto per il referendum e per le elezioni regionali sono stati, in tutta la Campania, appena 48. Su una popolazione di migliaia di detenuti, 48 sono un numero minimo. «Un numero decisamente inferiore anche rispetto ai detenuti votanti del 2018 che sono stati 120 su un migliaio di aventi diritto», aggiunge Ciambriello. «Sono i detenuti che beneficiano della legge del 23 aprile 1976, la legge che permette l’esercizio del diritto di voto da parte degli imputati di qualsiasi reato mediante la creazione di un’apposita sezione elettorale all’interno dell’istituto di pena e che raccoglie il voto dei detenuti, quelli aventi diritto e che hanno manifestato la volontà di esprimere il voto nel luogo di detenzione», spiega il garante illustrando l’iter all’interno degli istituti di pena.
Per i detenuti, infatti, è stato allestito un seggio ad hoc all’interno del carcere. La procedura non è stata immediata, nel senso che c’è stato un preciso iter da seguire, in base i detenuti che intendevano votare hanno dovuto presentare una specifica istanza al sindaco del proprio Comune di residenza (l’istanza è valida fino a tre giorni dalle elezioni e il Comune a cui viene inoltrata deve verificare che il richiedente abbia diritto al voto). Fatta questa verifica, i Comuni in questione hanno inoltrato i certificati elettorali alle carceri dove si sono costituiti appositi seggi, con apposite commissioni, per raccogliere i voti dei detenuti. «È una procedura che non ha mai dato problemi», spiega Ciambriello. Eppure, a leggere i numeri, i detenuti alle urne tra domenica e ieri sono stati pochi, pochissimi.
fonte: ilriformista.it