“Lei ha mai fatto parte di logge massoniche?”. Il pentito Luigi Farris risponde a una precisa domanda del pm e indica i nomi di cui era a conoscenza.
“Lei ha mai fatto parte di logge massoniche?”. “Si, su invito di Emanuele Armellini di Vibo Valentia. Mi iscrisse lui a una loggia massonica mi sembra di rito scozzese. Io non partecipavo, ero iscritto giusto perchè me l’aveva chiesto ma non partecipai a nessuna riunione. Mi è tornato utile quando morì mio padre e mia madre rimase quasi per un anno senza pensione: lui me la fece avere in 6 giorni”. A parlare – rispondendo alla domanda del pm Antonio De Bernardo – è il pentito Luigi Guglielmo Farris, 70 anni, interrogato ieri nel corso del maxi processo Rinascita Scott. Il periodo temporale a cui fa riferimento si aggira intorno agli anni ’80 e ’90, in quanto Farris ha iniziato la sua collaborazione con la giustizia nel 1996.
Il direttore di banca, l’imprenditore e non solo.
Nel corso della sua deposizione, nell’aula bunker di Lamezia, il pentito ha parlato anche degli appartenenti ad altre logge di cui era a conoscenza. “Mi sembra ci fosse un direttore di banca che si chiamava Cavallo, presso la banca di Tropea”. Così come “c’era un signore che aveva l’armeria più grossa a Vibo Valentia”. C’era poi anche “Ugo Bellantoni (non imputato nel maxi processo, ndr) – afferma il pentito – che aveva dei contatti con Antonio Mancuso e con Mario Narciso”. Come l’ha saputo? “L’ho saputo quando stavo lì in ufficio a Vibo Valentia, mi sembra me l’avesse detto Mario Narciso, e parlava anche dell’architetto o geometra Mirarchi, importante perchè stilava il progetto dell’espansione di Vibo Valentia dal punto di vista immobiliare”. “Si parlava anche – ha continuato il pentito nella lunga sfilza di nomi – del procuratore Lombardi (ormai morto). L’ho saputo direttamente dall’avvocato Antonio Preiti, mi parlò lui anche del direttore della banca di Tropea”.
I Mancuso all’interno della massoneria.
All’interno della massoneria c’erano anche vari esponenti dei Mancuso. Nello specifico il collaboratore di giustizia ha citato Luni Mancuso detto “il biondo”, Antonio Mancuso, e “forse anche Luigi Mancuso“. In particolare sui rapporti con quest’ultimo – che Farris ha detto di non aver mai conosciuto, ma solo visto di sfuggita un paio di volte – si è incentrato il controesame del difensore del “capo dei capi”, l’avvocato Paride Scinica.
La ‘ndrangheta nei lavori del carcere di Vibo.
Riguardo il carcere di Vibo, poi, il pentito ha detto due cose interessanti. La prima riguarda il fatto che, ha raccontato, negli anni ’90 era stato tre mesi in carcere e “mi ha ospitato nella sua stanza Michele Pardea”. A suonare strano, in aula, il verbo utilizzato: ospitare. La seconda riguarda il ruolo dei Mancuso nella costruzione del penitenziario di Vibo. “Un giorno nel mio negozio di Lamezia Terme – ha detto in aula – ho ricevuto la visita di un Pardea, di cui adesso non ricorso bene il nome, insieme ad altre persone. Abbiamo avuto una mezza lite e per fermarli dissi che Peppe Mancuso non voleva che venisse gente nel mio locale”. Ed è in quell’occasione che venne a conoscenza del fatto che Peppe Mancuso “aveva i lavori nella costruzione del carcere di Vibo“. Che tipo di lavori? “Quelli relativi al carcere, il trasporto della terra e tutto ciò che girava intorno”. Specificando successivamente che i lavori li avevano presi i Pardea, che “avevano i mezzi”, ma una percentuale andava poi ai Mancuso.
Droga vicino al cimitero di Soriano.
Luigi Mancuso, ha inoltre affermato il pentito Luigi Farris, “forniva la droga per Gerocarne e Soriano. A Gerocarne tramite Angelo Capomolla”. Si parla, è bene precisarlo, di fine anni ’80. E, a riguardo, ha raccontato un episodio di droga vicino al cimitero di Soriano: “Incontrai Filippo Cortese di Vibo Marina da Angelo Capomolla. Filippo prese la droga da Capomolla, mi salutò e andò al cimitero di Soriano. Questo l’ho saputo perchè è venuto un giovanotto di Capomolla a dire che dopo un’iniezione di eroina aveva avuto un attacco cardiaco lì vicino”. Successivamente “si è ripreso, ho provato ad allontanarlo (dall’ambiente, ndr) e lui mi ha spiegato che Capomolla lavorava per Luigi Mancuso”. (a.s.)
Fonte: zoom24.it