I numeri del contagio in cella fanno sempre più paura. Ed è di diffusa la sensazione, maturata anche in alcuni partiti della maggioranza, che le norme introdotte dal decreto Ristori non bastino. I dati ufficiali del Dipartimento di amministrazione penitenziaria sono aggiornati a lunedì sera e restituiscono un panorama preoccupante: 758 positivi fra i detenuti e 936 casi tra agenti penitenziari e altri operatori. “C’è il rischio concreto che la situazione diventi fuori controllo, per questo facciamo appello al governo affinché intervenga”, dice Gennarino De Fazio, segretario generale Uilpa commentando le ultime cifre diffuse dal Dap con HuffPost. Si tratta di dati probabilmente imprecisi, viste alcune discrepanze tra i numeri ufficiali e quelli che riporta in alcuni casi la stampa locale. Un esempio emblematico è quello di Tolmezzo, dove sulla carta ci sono solo tre detenuti positivi, ma i giornali del Friuli Venezia Giulia danno notizia di una trentina di persone affette dal Covid tra reclusi e agenti.
Ad ogni modo la situazione è esplosiva e, nel silenzio del Guardasigilli sul tema, sembrano essersene accorti anche esponenti della maggioranza. Il Pd ha presentato degli emendamenti agli articoli del decreto ristori che prevedevano la possibilità di arresti domiciliari per i reclusi con un residuo di pena inferiore a 18 mesi e di il permesso di non rientrare in cella per i detenuti in semilibertà. Una platea di circa 5mila persone. Il conteggio però non tiene in considerazione un dato determinante: non può chiedere i domiciliari chi una casa non ce l’ha. “I detenuti con un residuo di pena inferiore a 18 mesi sono circa 3400, secondo le stime del Garante. Un terzo di queste, però, è senza fissa dimora”, spiega all’HuffPost Michele Miravalle di Antigone. A meno che non venga trovata una potenziale sistemazione, queste persone non potranno mai ottenere i domiciliari fino a fine anno, come prevede il decreto.
Ma questa è solo una parte del problema. I dem hanno proposto di allargare le misure già previste nel provvedimento: ”È evidente che c’è bisogno di ridurre il sovraffollamento delle carceri. Il Governo ha già preso dei provvedimenti in tal senso e al Decreto il Pd ha presentato una serie di emendamenti. Tra le proposte c’è quella di sospendere l’esecuzione delle pene e delle condanne che passano in giudicato (che, però, finita l’emergenza, andranno eseguite), perché c’è, in questa situazione emergenziale, la necessità di ridurre il numero degli ingressi in carcere. Inoltre chiediamo di essere più chiari rispetto alla possibilità, per i detenuti che hanno permessi di uscita o di lavoro, di restare fuori dal carcere fino alla fine dell’emergenza, cioè fino al 31 gennaio”, ha fatto sapere il senatore Franco Mirabelli.
Pressing su Bonafede anche da parte di Italia Viva. “Il ministro Bonafede intervenga immediatamente per ridurre il rischio di contagio negli istituti penitenziari dove i nuovi casi aumentano spaventosamente di ora in ora”, commenta la senatrice la senatrice di Nadia Ginetti. Un appello arriva anche da Roberto Giachetti, che propone di accogliere la proposta dei Garanti di una “liberazione anticipata speciale”. La richiesta è che introdotta la possibilità di aumentare da 45 a 75 giorni la riduzione prevista, ogni 6 mesi, per i detenuti che tengono una buona condotta. Giachetti ha aderito nei giorni scorsi allo sciopero della fame intrapreso dalla leader radicale Rita Bernardini.
Allarme a Poggio Reale, molti contagi ad Alessandria e Livorno: gli istituti dove il Covid colpisce di più
Si chiamava Giuseppe e aveva 68 anni il primo detenuto morto per Covid in Campania. ”È deceduto all’ospedale Cotugno”, raccontano all’Huffpost Pietro Ioia e Samuele Ciambriello, il primo Garante dei detenuti di Napoli, il secondo della Campania. Ad oggi i contagiati a Poggioreale 136, 212 in tutta la Campania. “Oggi ho scritto all’Asl – spiega Ciambriello – per sapere se ci sono posti in ospedale destinati ai detenuti positivi, nel caso in cui si aggravino. La situazione è grave e preoccupante”. Il problema principale, come in tutti i penitenziari, sono gli spazi. A Poggioreale vivono quasi 2.200 detenuti, a fronte di una capienza di 1600 posti: “Ci sono due sezioni per i positivi al Covid, ma si sono riempite subito”. La soluzione non può essere tenere i reclusi in isolamento nel carcere: “Ci vorrebbe una struttura esterna, un albergo, un’ex caserma, dove far stare i positivi. Nel carcere non c’è più spazio e il provvedimento di Bonafede non basta”, chiosa Ioia. “Escludere i detenuti per reati ostativi dalle misure è ingiusto”, aggiunge Ciambriello. Poi l’appello del Garante di Napoli al Guardasigilli: “Si faccia vivo, venga a vedere in che condizioni sono le carceri, in particolare Poggioreale”. Alfonso Bonafede, però, al momento tace.
Non solo Campania. Mentre a Terni l’allarme sta rientrando, molti casi sono stati registrati anche nel penitenziario di Livorno. “Ne contiamo 23 – spiega all’HuffPost Marco Solimano, Garante dei detenuti della città – tutti in alta sicurezza. La media sicurezza, per ora, è stata risparmiata”. Non c’è emergenza, ma c’è agitazione tra i detenuti. E la consapevolezza che la situazione potrebbe peggiorare: “Il presidio sanitario è molto attento – continua Solimano – ma inevitabilmente, anche se a distanza, nella stessa sezione devono convivere positivi e negativi. Non c’è altra soluzione”. Anche perché il sovraffollamento non manca: “Le celle di alta sicurezza – precisa – erano state progettate per essere doppie, oggi c’è un sovraffollamento di 40 persone. Questo vuol dire che in molte celle ci sono tre detenuti”.
Risalendo lo stivale, anche ad Alessandria la situazione è complicata: “Sono positive 33 persone, il 20% dei reclusi”, spiega Miravalle. Nella città piemontese è stato registrato anche un morto tra i detenuti.
Contagiati anche dei bambini
A Torino per il momento la situazione è sotto controllo. O almeno lo è molto più rispetto alla prima ondata. “Sono 23 i detenuti e 30 gli operatori positivi, è stata creata una sezione Covid”, spiega all’Huffpost Monica Cristina Gallo, garante dei detenuti di Torino. Nel capoluogo piemontese, però, nelle scorse settimane sono stati contagiati due bambini ospiti dell’Icam, la struttura dove vivono le mamme detenute con i loro figli. Per chi è vicino al mondo del carcere è stato un brutto colpo: “Si tratta di bimbi piccolissimi, nati nel 2018 e nel 2019, era stata contagiata anche la loro mamma”, racconta Gallo. Ora sono guariti, stanno bene, ma né loro né gli altri piccoli che sono nella struttura con le loro mamme possono tornare all’asilo. “Mi hanno assicurato che sarà garantita l’attività educativa, ma non all’esterno, come invece accadeva prima”, spiega ancora Gallo. Una decisione probabilmente inevitabile, ma che molto racconta di cosa significhi tenere i bambini in posti dove la mamma sconta la detenzione. Al 31 ottobre erano 33, divisi in 13 strutture, alcuni in carcere, altri negli Icam. Reclusi senza colpe, anche durante la pandemia.
Fonte: huffingtonpost.it
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