Finito l’effetto emergenza Covid-19 che aveva determinato una brusca riduzione dei numeri dei detenuti. I dati del 31 ottobre 2020 parlano di 54.868 detenuti presenti nei penitenziari, contro una capienza regolamentare degli istituti di 50.553 posti. Gli stranieri sono 17.713 mila. Oltre 2,3 mila le donne detenute.
L’effetto emergenza da Covid-19 sul sovraffollamento penitenziario può dirsi definitivamente archiviato. Dopo il crollo della popolazione penitenziaria registrato a cavallo di febbraio e maggio 2020, il numero dei detenuti presenti negli istituti di pena italiani è tornato a crescere senza sosta. Il dato più basso registrato è quello di maggio scorso, quando alla fine del mese risultavano in carcere 53.387 persone (contro una capienza di 50.472 posti dichiarata dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria). Un dato parecchio distante da quello registrato a fine febbraio 2020, con oltre 61 mila detenuti e una capienza massima di poco distante da quella di maggio. Da giugno 2020, tuttavia, la popolazione detenuta è tornata a crescere e lo ha fatto senza sosta fino al 31 ottobre, quando, secondo il Dap, nelle carceri italiane sono risultati presenti 54.868 detenuti (vedi grafico).
Il numero dei detenuti nelle carceri italiane è in continua crescita: al 31 dicembre 2019 nei penitenziari di tutto il paese risultano 60.769 detenuti, mentre al 31 dicembre del 2018 erano 59.655. Un dato che negli ultimi mesi del 2019 ha visto delle oscillazioni importanti, arrivando a superare anche quota 61 mila a fine novembre, ma per poter fare un confronto con gli anni precedenti, in questa scheda abbiamo scelto di prendere come riferimento unicamente la data del 31 dicembre di ciascun anno. L’ultimo dato reso noto dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), inoltre, è il più alto registrato a fine anno negli ultimi sei anni. Dopo il picco degli oltre 67 mila detenuti registrato il 31 dicembre 2010, la presenza in carcere è diminuita fino a raggiungere gli oltre 53 mila nel 2014 e i poco più di 52 mila nel 2015. Dal 2016 in poi, però, il dato è tornato a crescere senza sosta fino ad oggi. Una crescita che ha riguardato anche la capienza regolamentare degli istituti dichiarata dal Dap: dai 43 mila posti del 2008 si è arrivati ai 50,6 mila posti disponibili, ovvero 10 mila in meno rispetto al numero dei detenuti presenti negli istituti di pena.
In controtendenza rispetto al dato generale delle presenze in carcere è il dato che riguarda la popolazione detenuta straniera: al 31 dicembre 2019 i detenuti stranieri sono circa 19,9 mila, contro i 20,2 mila circa del 31 dicembre 2018. Un dato, quello di fine 2019, che segna un ritorno al 2017, ma risulta più alto di circa 2 mila unità rispetto agli anni 2014 e 2015. La percentuale di popolazione straniera in carcere invece passa dal 33,95 per cento di fine 2018 al 32,7 per cento di fine 2019. Rispetto al totale dei detenuti, le percentuali del 2019 confermano il trend degli ultimi 10 anni: la percentuale di stranieri in carcere rispetto al totale, infatti, è diminuita passando da oltre il 37 per cento alle percentuali odierne. In crescita la presenza di donne in carcere: al 31 dicembre 2019 sono 2.663, contro le 2.576 presenze del 31 dicembre 2018. Un dato in costante crescita dal 2015 ad oggi.
Tra i reati che producono carcere, stabili ma in crescita rispetto al 2015, quelli che riguardano la violazione delle leggi sugli stupefacenti. Al 31 dicembre 2019, sono 21.213 i detenuti per aver violato la normativa sulle droghe, mentre nel 2015 erano 17.676. Andando più a fondo, però, si scopre che ad esempio nel 2017 su 19.793 detenuti per droga, sono 13,8 mila quelli ristretti a causa della violazione del solo art. 73 del Testo unico (quindi la produzione o il traffico o la detenzione di sostanze), mentre sono quasi 5 mila quelli detenuti per l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope). Solo 976, inoltre, i detenuti esclusivamente per l’art. 74. In costante crescita, infine, i detenuti per il 416 bis del codice penale, ovvero associazione di tipo mafioso: a fine 2019 infine si contano 7.481 detenuti, contro i 5.257 del 2008.
Di carcere si può morire. Lo confermano i dati dei suicidi negli istituti di pena italiani. Al 31 dicembre 2019 sono 53 i detenuti che si sono tolti la vita in carcere secondo il Dap. Un dato in calo rispetto a quello del 2018 che rappresentava e rappresenta ancora il dato più alto dal 2002 ad oggi, anche se non il più alto in assoluto. Nel 2001, infatti, ci sono stati ben 69 suicidi negli istituti di pena italiani e nel 1993 si registrarono ancora una volta 61 suicidi. Dopo una rapida ascesa dal 2016 al 2018, nel 2019 la tendenza ha un segno opposto. Anche i decessi per cause naturali, inoltre, seguono un andamento altalenante negli anni. Nel 2019 sono 90 i detenuti morti per cause naturali. Il dato più alto è del 2005, quando si registrarono 115 decessi.
Fine pena mai. In costante crescita il numero dei detenuti condannati all’ergastolo. Se nel 2016 c’erano 1.237 detenuti all’ergastolo, nel 2019 sono 1.802. Un dato che negli ultimi 14 anni ha fatto segnare soltanto una battuta d’arresto tra gli anni 2012 e 2014, con circa 1.580 ergastolani, ma già dal 2016 il dato è tornato a salire fino a superare quota 1.800.
Dal 2009 al 2017 cresce in maniera costante la presenza dei volontari in carcere. Nel 2017 sono 16,8 mila i volontari impegnati in diverse attività. Nel 2009 erano circa 8,5 mila. Nel 2018, invece, il dato è pressoché stabile rispetto all’anno precedente. Secondo i dati del Dap, quindi, ci sarebbe un volontario ogni 3,5 detenuti, ma i dati raccolti dall’Osservatorio di Antigone nel corso delle visite agli istituti di pena italiani mostrano un impegno maggiore da parte del volontariato. Secondo Antigone, negli istituti visitati il rapporto detenuti/volontari è pari a 7, ovvero un volontario ogni 7 detenuti.
Fonte: difesapopolo.it
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