Due morti in sei giorni. Nello stesso carcere. Due detenuti di 27 e 21 anni si sono tolti la vita a San Vittore, Milano. Le condizioni di detenzione continuano a essere critiche e questi episodi non sono altro che una conferma.
Due morti in sei giorni. E nello stesso carcere. Due detenuti di 27 e 21 anni si sono tolti la vita nella casa circondariale di San Vittore a Milano. Sono due dei 29 casi di suicidio in carcere del 2022. Un numero che continua a crescere da almeno dieci anni, con un solo picco in negativo tra il 2013 e il 2016 quando il decreto cosiddetto “svuota-carceri” è intervenuto parzialmente sul sovraffollamento degli istituti di pena. Ci sono diverse variabili che incidono sul tasso di suicidio in carcere, anche se una cosa è certa: l’andamento riflette le condizioni di detenzione. Che in molti istituti italiani e anche lombardi sono critiche. Il numero di detenuti continua a crescere, ma gli spazi rimangono sempre gli stessi.
Il tema del sovraffollamento è una questione che ritorna ogni volta che si parla degli istituti di detenzione. Le rivolte in alcune carceri italiane nel 2020, all’inizio della pandemia da Covid-19, l’hanno messo in luce, sottolineando un’emergenza nell’emergenza: spazi ridotti all’interno delle celle, carenza di servizi e personale esterno, difficoltà di accesso alle cure mediche. Una risposta nella prima fase dell’epidemia era stata la possibilità di scontare gli ultimi diciotto mesi di pena ai domiciliari. Questo, insieme alla riduzione degli arresti, aveva portato temporaneamente a un calo delle presenze in carcere: dalle quasi 61mila del 2019 alle 53mila del 2020. Numeri che però, finita l’emergenza, stanno già tornando a salire. Nel mese di aprile 2022 i detenuti erano già quasi 55mila, mentre le case di reclusione e circondariali sul territorio italiano ne potrebbero ospitare poco meno di 51mila: più di 4mila persone senza lo spazio necessario che dovrebbe essere garantito per legge.
Secondo l’ultimo rapporto di Antigone, l’associazione che dagli anni Ottanta si batte per i diritti e le garanzie nel sistema penale, la Lombardia presenta un affollamento carcerario tra i più alti in Italia: 129,9 per cento rispetto alla media nazionale del 107,4 per cento. Con picchi del 165 per cento negli istituti penitenziari di Varese, Bergamo e Busto Arsizio e persino del 185 per cento nella casa circondariale Canton Mombello a Brescia. “La situazione bresciana è nota da tempo perché il sovraffollamento è la nostra quotidianità degli ultimi quindici anni, con picchi anche di 600 detenuti per 189 posti”, spiega a MilanoToday Luisa Ravagnani, garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Brescia. “La struttura obsoleta e inadeguata influisce notevolmente, rendendo gli spazi poco vivibili”, prosegue.
“Durante la pandemia – racconta a MilanoToday Francesco Maisto, garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Milano – si è imposto di fatto un numero chiuso alle carceri. Soluzione – precisa Maisto – suggerita di recente dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura nei casi di costante sovraffollamento”. E proprio con le scelte imposte dalla pandemia di Covid-19, nonostante le criticità, si sono visti risultati significativi. “Nel 2020 e nel 2021 – prosegue Maisto – i penitenziari lombardi hanno visto la presenza di mille detenuti in meno rispetto agli anni precedenti. Questo grazie a un maggiore ricorso alle misure alternative”. Misure che, in passato, non sono state adottate con la stessa frequenza. Il calo di detenuti per rientrare nei numeri previsti è stato però un’eccezione. Come altre ce n’erano state in un passato che ha poi visto le presenze sempre risalire fino a superare di nuovo i limiti di capienza.
La riforma della giustizia Cartabia, che riguarda anche le pene sostitutive, potrebbe portare in futuro a un cambiamento significativo del sistema carcere. Ma per vedere i primi effetti bisognerà aspettare anni. “Affrontare questi temi significa parlare di futuro”, sottolinea Maisto. Il presente è che i fondi del PNRR e del fondo complementare risultano destinati solo all’edilizia carceraria. Una scelta che riguarda anche la Lombardia: dei quasi 133 milioni di euro stanziati, oltre 20 serviranno per le strutture carcerarie lombarde. “Pensare che questi fondi risolvano il problema del sovraffollamento è un’illusione”, conclude Maisto. “Quanto più aumenti il contenitore, tanto più aumenterà il contenuto. Nella storia penitenziaria è sempre andata in questo modo”. Un’occasione che rischia così di andare sprecata per trovare soluzioni davvero alternative.
Fonte: Milanotoday.it – Irene Fassini