Nel giorno di Natale sette ragazzi del carcere Beccaria sono evasi dall’istituto: intorno alle 16, dodici detenuti erano nel cortile. Uno di loro ha chiesto a un agente della polizia penitenziaria che li stava sorvegliando, di prendere un pallone per poter giocare a calcio. Il poliziotto ha deciso di assecondarlo. Non appena l’agente si è allontanato, sette ragazzi hanno buttato giù le paratie che coprono i ponteggi dei lavori.
Hanno poi fissato un lenzuolo al muro e iniziato a scavalcare: solo uno di loro, è riuscito a farlo utilizzando questo meccanismo. La stoffa si è poi strappati e gli altri si sono diretti verso un muro più basso e lo hanno scavalcato. Una volta che gli agenti si sono accorti di quanto accaduto, hanno lanciato l’allarme e sono riusciti a catturare immediatamente due dei sette evasi. Il terzo si è poi costituito il giorno dopo.
L’evasione dei ragazzi è legata a doppio filo ai problemi problemi dell’istituto penitenziario, i quali hanno condizionato la storia del carcere, passato da modello da imitare a modello da evitare.
Tra quelli riportati in carcere, c’è un maggiorenne che ieri – durante il processo per direttissima con cui è stato convalidato l’arresto – ha raccontato di aver deciso di scappare perché intenzionato a raggiungere una comunità terapeutica. All’appello mancano due 17enni, un 18enne e un 19enne.
La struttura è stata costruita nel 1970 e si trova nel quartiere Bisceglie. È uno degli istituti penali minorili tra i più importanti in Italia. È composto da diversi padiglioni – si parla di un’area di circa cinquemila metri quadrati – ed è circondato da un muro di cinta.
Inizialmente, prima dell’inizio dei lavori, c’era un padiglione è riservato alla sezione maschile, uno a quello femminile, uno ai laboratori per la scuola, uno alla direzione e infine un altro alla cucina e alla sala mensa. C’è poi un campetto da calcio, uno da rugby e una piscina esterna.
Gli anni in cui è stato un modello per tutti gli istituti penitenziari minorili
Grazie all’impegno delle istituzioni pubbliche e private, il Beccaria era diventato un modello per la giustizia minorile italiane. Negli ultimi anni ha iniziato a incontrare non pochi ostacoli: la carenza di personale, le strutture fatiscenti, il sovraffollamento. Non solo le diverse attività proposte ai ragazzi, anche a causa della carenza di personale, faticano a trasformarsi in percorsi che consentano ai giovani di potersi inserire nel mondo del lavoro.
In una giornata tipo, i detenuti frequentano la scuola al mattino e al pomeriggio sono impegnati nelle attività di laboratorio. Queste non sempre vengono effettuate a causa della carenza di personale.
I lavori di ristrutturazione dell’ex padiglione femminile durano ormai da quindici anni e la parola fine sembrerebbe essere ancora molto lontana. Sono iniziati nel 2008 e sarebbero dovuti essere conclusi in tre anni. I ritardi sono stati causati in primis all’assegnazione dell’appalto. Superato questo primo ostacolo, sono sopraggiunti altri problemi che hanno costretto a diverse riprogrammazioni dei lavori.
L’ultima riguarda il secondo lotto di lavori iniziati nel 2018 che, secondo un accordo stipulato tra i ministeri delle Infrastrutture e Giustizia, dovrebbero terminare nel 2023.
La chiusura di quel padiglione – come spiegato dall’ultimo rapporto Antigone – ha costretto a dimezzare i posti disponibili che sono passati da cinquanta a trentuno e a trasferire il reparto femminile in un altro luogo. Il proseguo dei lavori, ha quindi costretto i detenuti e gli operatori a non poter sfruttare la struttura interamente: qualora questi dovessero finire, il Beccaria potrà ospitare fino a ottanta persone. Inoltre è proprio grazie a uno di quei ponteggi che i sette giovani sono riusciti a scappare.
A oggi quindi l’istituto è a metà: con una parte nuova e una ancora fatiscente e con lavori in corso. Quelli nuovi sono stati inaugurati nel 2017. In ogni sezione c’è una mensa comune, le celle sono ampie e c’è anche un bagno con una doccia all’interno. Nello stesso anno è stata inaugurata anche la sala colloqui dove, in seguito alla pandemia, sono state create anche alcune postazioni per i colloqui a distanza. La scuola e la formazione vengono seguite ancora nella parte vecchia dell’edificio.
A lasciare perplessi è invece la gestione degli spazi che si trovano accanto all’infermeria: qui ci sono alcune celle chiuse e più anguste che non vengono usate solo come luoghi in cui ospitare i ragazzi che presentano patologie, ma anche per provvedimenti disciplinari ma anche per riorganizzare gli spazi. E infine, con la pandemia da Covid, c’è stata una riorganizzazione degli spazi con il centro di prima accoglienza che è stato trasformato in reparto isolamento Covid.
Quella sezione è stata trasformata in uno spazio detentivo dove è quasi impossibile svolgere qualsiasi tipo di attività. Non solo. Non essendoci più un centro di accoglienza, i minori arrestati in Lombardia vengono adesso portati a Torino. Ne consegue che la struttura piemontese è spesso sovraffollata e che la Lombardia deve gestire le scorte e i trasporti da un territorio all’altro.
Pochi agenti ed educatori sono tra i problemi che il carcere è costretto ad affrontare: e per sopperire a queste mancanze, il Beccaria fa affidamento a diversi operatori esterni che affiancano i funzionari ministeriali. Questi ultimi sono attualmente quattro: c’è una capo area che è anche vice-direttrice, un educatore a tempo pieno e due part-time.
A loro sono affiancati quattro educatori pagati da Regione e cinque del Comune di Milano. Tutte loro sono figure che lavorano con contratti provvisori e che vengono rinnovati in base alle risorse disponibili. A queste, si affianca il direttore che al momento non è titolare, ma a “scavalco” con altri istituti per adulti. Questo significa che ricopre un incarico part-time e si trova al Beccaria solo per uno o due giorni a settimana.
In meno di un anno sono cambiati tre direttori: il “titolare”, che deve concludere il percorso di formazione, non subentrerà prima di nove mesi. Gli agenti di polizia penitenziaria sono circa 70: molti di questi sono stati inseriti da poco tempo, sono molto giovani e hanno avuto una carriera soprattutto militare.
Al momento il Beccaria potrebbe ospitare quando arrivano a 38, dovrebbe scattare il trasferimento in un’altra struttura che solitamente è quella di Torino. Attualmente però i detenuti nel carcere milanese sono 46. Secondo il rapporto stilato dall’Associazione Antigone, sono molto frequenti gli “aggravamenti” e cioè i casi in cui falliscono i percorsi esterni, soprattutto nelle comunità, e che portano i giudici a ordinare un nuovo ingresso nel carcere per almeno trenta giorni.
Ad agosto 2022, si è poi registrato un caso di stupro e tortura. Un ragazzino di appena sedici anni è stato violentato per ore da tre detenuti. La notizia è stata pubblicata solo una settimana fa e aveva già posto in luce i problemi effettivi del carcere. A confermare le evidenti carenze, è arrivata poi la fuga di Natale. A dimostrazione di come il Beccaria sia ormai al collasso e a nessuno sembri importare.
Fonte: fanpage.it
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