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Striscione al carcere di Pozzuoli: “Polizia Penitenziaria come la mafia”

Uno striscione contro la Polizia Penitenziaria è stato affisso nella notte davanti al carcere femminile di Pozzuoli (Napoli). “Polizia Penitenziaria = Mafia. Il carcere è tortura, Aboliamolo!”, si legge. L’episodio si inquadra nelle manifestazioni d’odio contro gli agenti dopo l’inchiesta sulle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020.

“Polizia Penitenziaria = Mafia. Il carcere è tortura, Aboliamolo!”. È quello che si legge sullo striscione comparso questa notte a Pozzuoli, in provincia di Napoli, affisso sulle transenne che delimitano lavori di ristrutturazione davanti al carcere femminile, in via Pergolesi. L’episodio si inquadra nelle manifestazioni d’odio di questi giorni contro la Polizia Penitenziaria, in seguito a quanto emerso sull’inchiesta da 117 indagati e 52 misure cautelari sulle violenze avvenute il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta).

Nei giorni scorsi il provveditore reggente delle carceri campane, Carmelo Cantone (subentrato ad Antonio Fullone perché quest’ultimo è stato sospeso in quanto indagato), aveva emanato una circolare con cui consigliava ai poliziotti della Penitenziaria di indossare la divisa soltanto sul luogo di lavoro, in modo da non essere riconoscibili al di fuori dal servizio e ridurre quindi il rischio di possibili ritorsioni che potrebbero coinvolgere anche agenti estranei all’inchiesta del carcere Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere.

Un altro striscione era comparso a Roma, su un cavalcavia (“52 mele marce? abbattiamo l’albero!”). A Cagliari, nel quartiere San Michele, era stato affisso uno striscione su un edificio con la scritta “Da Santa Maria Capua Vetere a Uta. Non esistono mele marce. Il carcere è una tortura”. Nella stessa città, su una colonna di un porticato di via Roma, era stato trovato un manifesto, firmato con la sigla “kontra is presonis mishunu est solu”, che richiama una campagna nata in Sardegna alla fine del 2020 a sostegno dei diritti dei detenuti.

“Le guardie carcerarie, chiamate anche ‘secondini’, sono uomini e donne comuni che abitano in mezzo a noi – si legge – Ciò che li contraddistingue è la scelta che hanno fatto nella vita: la scelta di chiudere a chiave altre persone per uno stipendio mensile. Ogni tanto viene fuori la notizia che queste guardie pestano e torturano i detenuti il caso di Santa Maria Capua Vetere è solo uno dei pochi… parlano di mele marce… ad essere marcio è il sistema carcerario…la divisa che indossano gli conferisce il potere di reprimere… per strada, nel palazzo di casa al bar… isoliamo le guardie”.

 

 

 

Fonte: fanpage.it

Redazione OSAPPoggi

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