La decisione del magistrato di sorveglianza: “Poteva uscire di cella per molte ore al giorno”. Ma per la Corte europea dei diritti umani sotto i 3 metri si configura un trattamento “inumano e degradante”.
Ma il magistrato ha respinto la sua richiesta motivando la decisione con il fatto che, nei periodi in cui la cella era più piccola, l’uomo era «ristretto in regime aperto» e dunque la presunta violazione dei diritti umani «può dirsi ampiamente compensata dalla possibilità di uscire dalla cella per la maggior parte delle ore del giorno e di utilizzare la camera detentiva unicamente come luogo di pernottamento. Questo rende possibile ritenere che la limitata fruizione di spazio personale abbia minore rilevanza e non leda la dignità umana, data la possibilità di movimento e la piena facoltà di usufruire di maggiori spazi fuori dalla cella».
Erano stati gli avvocati del detenuto, Sergio Almondo e Alessandro Lamacchia, a chiedere che l’uomo potesse anticipare il fine pena. La norma, infatti, prevede che possa essere scontato un giorno ogni dieci passato in una cella piccola oppure, nel caso il termine per uscire arrivasse prima, si dovrebbe prevedere un risarcimento di otto euro per ogni giornata passata in condizioni simili.
Tuttavia la definizione di cosa sia inumano e cosa sia accettabile non è un criterio fisso, ma va valutato dal giudice a seconda dei casi.
Un’indicazione arriva dalla Corte europea dei diritti umani, che stabilisce che «ciascun detenuto dovrebbe poter trascorrere almeno otto ore al giorno fuori dalla cella e lo spazio disponibile per ciascun detenuto dovrebbe essere di sei metri in caso di cella singola e di quattro se ci sono più persone».
Invece quando i detenuti «hanno a loro disposizione meno di tre metri quadrati, il sovraffollamento deve essere considerato tanto grave da giustificare da sé il riscontro della violazione della convenzione europea dei diritti umani». Il detenuto torinese dunque, era convinto di avere diritto al risarcimento. Le direzioni dei vari istituti penitenziari avevano redatto puntualmente delle relazioni calcolando al centimetro gli spazi, «al netto del bagno ma al lordo del mobilio» è il criterio.
Così si è visto che quando stava “comodo”, l’uomo era in una cella di 10 metri quadrati che, tolti 3,52 metri quadrati di due letti, meno 0,80 di due tavoli e 0,34 di due armadietti fa 7,04 metri quadrati da dividere con un compagno di cella, ovvero 3,52 a testa.
Ma quando stavano in sei in una cella di 20,12 metri quadrati, tolti letti tavoli e armadi, lo spazio rimasto era di appena 2,13: sufficienti per vivere, secondo il tribunale di sorveglianza di Torino.
Fonte: torino.repubblica.it