«Ha sbagliato da giovane ma ha un lavoro onesto, moglie e tre figli». L’ordine di carcerazione per fatti del ‘99. L’avvocato Pisani chiede la grazia a Mattarella.
NAPOLI – «Ha commesso degli errori quando aveva 26 anni, poi però ci siamo sposati e lui è cambiato totalmente, adesso ha tre figli e da allora anni lavora onestamente. Ora, dopo 21 anni, arriva questa sorpresa».
Chiede aiuto la moglie di Giuseppe Marziale, il 47enne per il quale nei giorni scorsi si sono aperte le porte del carcere per reati commessi nel 1999. All’epoca militava in un gruppo camorristico dei Quartieri Spagnoli di Napoli e per conto di quella camorra ha commesso dei reati per i quali è stato condannato. Dopo tutti questi anni deve scontare una pena di 11 anni, 11 mesi e 16 giorni di reclusione per associazione mafiosa e spaccio di droga, anche se nel frattempo ha cambiato totalmente «pelle».
«Se lo sono preso e lo hanno portato via – dice la moglie in un messaggio video registrato per chiedere aiuto – e la cosa più brutta è stata dirlo ai figli. Vi chiedo di aiutarmi perché è ingiusto scontare una pena dopo 22 anni e perché Giuseppe Marziale è cambiato totalmente».
Nel 1999 faceva parte di un gruppo malavitoso di stanza nella zona di Sant’Anna a Palazzo, i cui componenti, fatta eccezione per lui, che ha cambiato strada, sono tutti finiti ammazzati. Giuseppe, che tutti chiamano Pippo, adottò la «retta via» lavorando onestamente.
Il Tribunale del Riesame, infatti, lo scarcerò, dopo l’arresto, per mancanza di esigenze cautelari. Ma sabato scorso, a distanza di 21 anni da quei fatti, è stato raggiunto da un ordine di carcerazione.
«Questa carcerazione – commenta il legale di Giuseppe, l’avvocato Sergio Pisani – rappresenta il fallimento totale dell’attuale sistema giustizia. Che senso ha, dopo 21 anni da un reato, far scontare 11 anni di reclusione ad un soggetto che in un ventennio si è totalmente riabilitato lavorando onestamente e mettendo su famiglia? Chiederemo la grazia al Presidente della Repubblica perché la funzione rieducativa della pena non si trasformi in una mera funzione punitiva, annullando, di fatto, un percorso di vita che ora viene incredibilmente stroncato».
Fonti: corrieredelmezzogiorno.corriere.it – ansa.it