Dopo lo striscione degli anarchici a Roma un manifesto a Cagliari. E sui social minacciati gli Agenti. Effetti dell’inchiesta anche sui detenuti: 30 trasferimenti.
Spunta un altro striscione di minacce, dopo quello ritrovato a Roma a firma di un gruppo anarchico (“52 mele marce. Abbattere l’albero”), diretto agli Agenti di Polizia Penitenziaria che si sono resi protagonisti delle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Il nuovo manifesto è stato affisso a Cagliari, su una delle colonne del porticato di via Roma. E fa esplicito riferimento alle sevizie nel penitenziario casertano. «Non lasciamo soli i detenuti…isoliamo le guardie» ed è firmato con una frase che sembra sarda: «kontra is presonis mishunu est solu».
«Potere di reprimere»
«Le guardie carcerarie, chiamate anche “secondini” – è il testo del manifesto – sono uomini e donne comuni che abitano in mezzo a noi. Ciò che li contraddistingue è la scelta che hanno fatto nella vita: la scelta di chiudere a chiave altre persone per uno stipendio mensile. Ogni tanto viene fuori la notizia che queste guardie pestano e torturano i detenuti. Il caso di Santa Maria Capua Vetere è solo uno dei pochi… parlano di mele marce… ad essere marcio è il sistema carcerario…la divisa che indossano gli conferisce il potere di reprimere… per strada, nel palazzo di casa al bar… isoliamo le guardie». Sullo striscione, invece, trovato nel quartiere San Michele, si legge: «Da S. Maria Capua Vetere a Uta. Non esistono mele marce. Il carcere è una tortura».
E proprio sulla scorta di queste minacce che si stanno registrando anche sui social, il provveditore reggente delle carceri della Campania Carmelo Cantone , inviato dal Dap per sostituire il provveditore Antonio Fullone, destinatario di una interdizione dai pubblici uffici nell’ambito delle indagini sui «pestaggi» nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, ha emanato una circolare con la quale consiglia agli Agenti di recarsi a lavoro in abiti civili e non con la divisa. Una decisione presa per tutelare i componenti del Corpo finiti al centro dell’inchiesta della Procura.
Intanto gli effetti dell’indagine si ripercuotono anche sui detenuti del Reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove avvennero i pestaggi; una trentina di reclusi vittime dei pestaggi è stata infatti trasferita in altre carceri campane come Carinola (Caserta) e Ariano Irpino (Avellino) e la maggior parte di altre regioni, come Modena, Civitavecchia, Perugia. La decisione è stata presa dal Dap d’intesa con la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, per tutelare i detenuti. «È una scelta senza senso – dice la garante dei detenuti della provincia di Caserta Emanuela Belcuore – in quanto per un anno denuncianti e denunciati sono stati faccia a faccia; è una scelta che danneggia solo i detenuti».
Tratto da: corrieredelmezzogiorno.corriere.it
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